di Salvatore Ricco
C’è un’altra emergenza che il mondo deve affrontare in questi mesi difficili oltre a quella del Covid-19: è l’emergenza delle fake news legate al Covid-19. Insieme alla pandemia, infatti, si è diffusa una “infodemia”. L’Organizzazione mondiale della sanità la definisce come “una sovrabbondanza di informazioni, alcune veritiere e altre no, che rende difficile per le persone trovare fonti affidabili e meritevoli di fiducia quando ne hanno bisogno”[1]. Le fake news sono antiche come il mondo: la prima della storia risalirebbe a oltre 2.500 anni fa e riguarderebbe una lettera mai scritta sul presunto tradimento del generale spartano Pausania. L’avvento dei social media ha amplificato e dato “viralità” al fenomeno, rendendo spesso le fake news uno strumento di lotta politica e geopolitica o un modo per mettere a punto truffe finanziarie o di dati. Ma ciò che sta accadendo in questi mesi è un fenomeno in gran parte nuovo, perché la diffusione di false informazioni nasce spesso in modo spontaneo ed è amplificata da due fattori: la scarsa conoscenza del virus, in base alla quale ciò che era vero fino a ieri oggi non lo è più (si pensi, ad esempio, alle indicazioni della comunità scientifica internazionale sulle mascherine), e il ruolo giocato più o meno inconsapevolmente da personalità influenti, del mondo della politica e non solo, nel rilanciare informazioni non corrette o del tutto false. Secondo uno studio del Reuters Institute of Journalism e dell’Oxford Internet Institute, le false informazioni diffuse sui social da “celebrità”, pari a circa il 20% del campione analizzato, hanno ottenuto il 69% dell’ “ingaggio”[2]. In questo contesto, di fronte a un evento di portata epocale e ai comprensibili timori della popolazione, le notizie false si sono diffuse anche più velocemente del virus. Siamo passati dalle teorie del complotto su chi abbia causato il Covid (laboratori cinesi, americani o francesi, a seconda dei punti di vista) e su come si sia diffuso (le accuse al 5G) ai falsi rimedi artigianali (e pericolosi) per curarlo. L’aspetto che rende tutto più drammatico è che questa volta è in gioco il bene più prezioso di ciascuno di noi: la salute. In Iran, più di 700 persone sono morte in un mese per avvelenamento dopo aver ingerito alcol adulterato, che secondo false informazioni avrebbe potuto proteggere le persone contro il virus[3]. A febbraio, in Ucraina, la folla ha attaccato dei bus con cittadini di rientro dalla Cina dopo la diffusione di una finta mail del ministero della Salute locale che riferiva di contagiati a bordo[4]. Di fronte alla minaccia delle fake news, istituzioni e piattaforme tecnologiche sono corse ai ripari. Governi e organizzazioni nazionali hanno potenziato la comunicazione digitale verso i cittadini, mettendoli in guardia dalle false informazioni (in nota il link alla sezione anti-bufale del sito dell’OMS)[5]. Whatsapp, a partire da aprile, ha limitato a un inoltro per volta la condivisione di contenuti particolarmente virali, riducendone il volume del 70%. Nel mese di marzo, Twitter ha addirittura deciso di cancellare i cinguetii di due capi di stato sudamericani perché riportavano “contenuti contro la salute pubblica”[6]. Facebook, oltre a finanziare servizi di fact checking, ha cominciato ad avvisare chiunque fosse entrato in contatto con informazioni false sulla piattaforma attraverso un alert sulla propria bacheca che rimanda al sito dell’OMS[7]. Ma nella lotta alle fake news, specie quando si diffondono in modo spontaneo, ciascuno di noi può essere in prima linea. Quindi è essenziale, quando ci troviamo davanti a una notizia sul web, sui social o nelle chat, fare attenzione a chi veicola l’informazione (un conto è un media tradizionale consolidato, un altro un sito o un account sconosciuto) e all’autorevolezza delle fonti utilizzate, ai toni del titolo e della notizia (più sono sensazionalistici e polarizzanti, più alto è il rischio di fake), all’autenticità, alla data e alla provenienza delle immagini (ormai facili da verificare tramite motori di ricerca). Inoltre, con riferimento ai social e soprattutto alle chat, è utile sensibilizzare tutti sull’importanza di riflettere prima di condividere un messaggio o prima di cliccare un link perché è sufficiente un piccolo gesto istintivo per rendere virale una fake news e darle credito. Questa crisi ci ha insegnato che la diffusione di informazioni non veritiere o false non rischia solo di mettere in pericolo la nostra libertà e le nostre democrazie ma anche la nostra salute. Per questa ragione, il contrasto all’infodemia richiede metodi simili a quelli adottati per la lotta alla pandemia: “distanziamento sociale” dalle fake news e grande senso di responsabilità di ciascuno di noi al fine di proteggere chi ci sta vicino dalle informazioni false e pericolose.
[1] https://www.who.int/docs/default-source/coronaviruse/situation-reports/20200202-sitrep-13-ncov-v3.pdf [2] https://reutersinstitute.politics.ox.ac.uk/types-sources-and-claims-covid-19-misinformation [3] https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/mediooriente/2020/04/27/alcol-come-cura-700-morti-in-iran_376e35da-5462-44e3-8086-390cebac9489.html [4] https://www.bbc.com/news/world-europe-51581805 [5] https://www.who.int/emergencies/diseases/novel-coronavirus-2019/advice-for-public/myth-busters [6] https://www.buzzfeednews.com/article/ryanhatesthis/twitter-deleted-tweets-brazil-president-coronavirus [7] https://about.fb.com/news/2020/04/covid-19-misinfo-update/
Salvatore Ricco
Senior Vice President Communications & Marketing presso Snam Sostenitore di AIPSA